Nel mondo ortodosso al Natale che in greco si dice Xριστούγεννα, ossia la “Nascita di Cristo” è data la stessa rilevanza delle festività pasquale che, invece, in alcuni parti del mondo cristiano ha una celebrazione talvolta minore.
Come
nella Pasqua, infatti, vi è un periodo di preparazione di quaranta giorni la Piccola Quaresima (Μικρή
Σαρακοστή), in cui i fedeli - invitati a percorrere spiritualmente il
doloroso tragitto fino alla grotta di Betlemme, ovvero al ricongiungimento con
la speranza di risurrezione e salvezza che viene dalla Chiesa - sono chiamati a
digiunare dal 15 novembre al 17 dicembre, ad eccezione del pesce e dei giorni
di mercoledì e venerdì.
Credenze e usi tradizionali
Per i cristiani ortodossi
l’equivalente di Babbo Natale è San Basilio, in greco Ai-Vasilis, un vescovo nato
nel 329 in Cappadocia che si era distinto per la sua eccezionale prodigalità
verso i bisognosi. Alto, magro, con gli occhi scuri e la barba nera, condivide
solo la generosità con il Babbo Natale occidentale, disegnato per la prima
volta nel 1862 da Thomas Nast. Anche la data dell’arrivo di Ai-Vasilis
è diversa: essa coincide, infatti, con il giorno della sua morte che avvenne
appunto il primo gennaio 378. Il suo arrivo non porta, dunque, solo doni ai
bambini ma anche la benedizione per la famiglia intera.
San Basilio |
Il dolce caratteristico
che si mangia a Capodanno è la vasilopita che prende appunto il nome da
San Basilio e che risale all’epoca bizantina. La vasilòpita (βασιλόπιτα), “torta di San Basilio”, è una sorta di ciambella
dolce, a base di mandorle e spezie, dorata in superficie e coperta da scaglie
di mandorle, dentro cui si nasconde una moneta d’oro o d’argento che toccherà
al più fortunato, anche se nella provincia si preferisce mettere un pezzo di
formaggio, una spiga di frumento o un rametto di vite o di ulivo come augurio
per il raccolto dell’anno. È il padre di famiglia che deve tagliare il dolce,
riservandone la prima fetta a Gesù, la seconda alla Madonna, la terza a San
Basilio, la quarta per la casa.
Vasilòpita |
Una
credenza comune in tutto il territorio greco è l’arrivo a ogni Natale dei kalikàntzari (καλικάντζαροι), spiriti - considerati da alcune
regioni benevoli e da altre dispettosi - che rimangono sulla terra fino al
giorno dell’Epifania, cioè quando si consacrano le acque. Si racconta che
escano di notte dai meandri della terra a spaventare chiunque si trovi fuori
casa la notte: le loro vittime preferite sono i bambini. La notte di Natale
entrano nelle case scendendo dalla canna fumaria del camino, quando il fuoco si
spegne, e rubano il cibo che trovano, soprattutto i fichi di cui sono golosi, e
poi cominciano a ballare.
Kalikàntzaros |
Un’altra credenza vuole
che grandi e piccoli buttino sul fuoco del camino o sul carbone acceso foglie fresche di
ulivo pronunziando la formula «Αϊ-Βασίλη βασιλιά, δείξε τζιαι
φανέρωσε αν μ’ αγαπά ο…», «Ai-Vasilis
re, mostrami e rivelami se mi ama…» dicendo il nome della persona amata. La
risposta è positiva solo se il fuoco crepita bruciando la foglia.
A
Capodanno inoltre il capofamiglia quando va a messa tiene in tasca una melagrana.
Quando torna a casa deve gettare per terra il frutto con forza, cercando di romperlo e pronunziare l’augurio «με υγεία, ευτυχία και χαρά το νέο έτος, κι όσες ρώγες έχει το ρόδι, τόσες δραχμές να έχει η τσέπη μας όλη τη χρονιά», ossia «con salute, felicità e gioia il nuovo anno, e quanti chicchi ha la melagrana, tanti i soldi abbia la nostra tasca tutto l’anno».
Quando torna a casa deve gettare per terra il frutto con forza, cercando di romperlo e pronunziare l’augurio «με υγεία, ευτυχία και χαρά το νέο έτος, κι όσες ρώγες έχει το ρόδι, τόσες δραχμές να έχει η τσέπη μας όλη τη χρονιά», ossia «con salute, felicità e gioia il nuovo anno, e quanti chicchi ha la melagrana, tanti i soldi abbia la nostra tasca tutto l’anno».
A Creta, in alcuni villaggi a sud-ovest dell’isola, si è soliti
mettere il giorno della vigilia un po’ di impasto di pane su
un piatto trascorrendo con i propri cari la sera, in attesa che l’impasto lieviti:
la tradizione popolare, infatti, vuole che sia proprio questo il momento in cui
Cristo nasce.
In Epiro si racconta che alcuni contadini in cammino verso la grotta
di Betlemme avessero acceso un grosso ramo secco di quercia per farsi luce nel tetro buio del bosco. Questo si era
interamente illuminato ed essi riuscirono a giungere sicuri alla grotta. Da
questo racconto è uso in alcune cittadine che la gente vada a fare visita ai
propri cari reggendo una fiaccola costituita da un ramo di quercia o di un
altro albero e spesso tenendo nell’altra mano foglie di alloro o di quercia.
Arrivati a destinazione si gettano le foglie sul camino e allo scoppiettare
della fiamma pronunziano un desiderio di prosperità: «Αρνιά, κατσίκια, νύφες και
γαμπρούς!»,
«Agnelli, capre, spose e sposi».
Sempre
in Epiro è molto comune fra i
ragazzi il gioco delle noci, chiamato ta karydia (τα καρύδια): il giorno di Natale un bambino traccia per terra ina
linea su cui ogni giocatore posa una noce in fila. Poi a una certa distanza
cerca di colpire le noci: ogni noce colpita è una noce guadagnata, se invece
perde, deve cedere il posto a un altro giocatore.
Un’altra credenza legata al fuoco nasce in alcune cittadine della Grecia
settentrionale. Mentre la donna pulisce con attenzione non solo la casa, ma
anche il camino e la canna fumaria per evitare che arrivino da lì gli
spiritelli dispettosi delle favole, ovvero i kalikàntzari. Il
capofamiglia porta in casa un grosso legno di ulivo o di pino da potere
bruciare nel camino da Natale all’Epifania: è il cosiddetto Christòxylo (Χριστόξυλο), il “Legno di Cristo”. Questo per tutto il tempo
riscalderà nella credenza popolare anche il Bambino Gesù nella grotta di
Betlemme.
Nella Grecia centrale alla viglia di Natale
si svolge il cosiddetto “tàisma tis vrysis”
(τάισμα της βρύσης),
un’espressione che vuol dire all’incirca “dare da mangiare alla fonte”.
La notte del 24 dicembre o all’alba del 25, le ragazze senza parlare fra loro
si recano a una fonte vicina con una brocca. Mettono poi ai piedi della fonte
un’offerta, costituita prevalentemente da burro, grano, pane, formaggio o un
ramoscello di olivo e recitano questa formula: «Όπως τρέχει το νερό σ’ βρυσούλα μ’, έτσ’ να τρέχ’ και το βιο μ’», ovvero «Come scorre l’acqua
nella mia fontanella, così scorra anche la mia vita» - un augurio che la
propria vita si svolga con abbondanza e con amore. Dopo avere dato
simbolicamente da “mangiare” alla fonte riempiono la brocca con l’acqua e vi
mettono dentro tre ciottoli e la foglia di un rovo. Mantenendo il silenzio,
tornano a casa dove bevono quasi tutto il contenuto della brocca: con l’acqua
che resta aspergono i quattro angoli della casa poggiando in vari punti i
ciottoli.
Il Christòpsomo (Χριστόψωμο), ossia il “Pane di Cristo” è una sorta
di grossa pagnotta o ciambella di pane, lievitata con ingredienti che variano
da località a località, come acqua di rose, miele, semi di sesamo, cannella,
chiodi di garofano o anche fichi secchi e noci. Il pane - tradizionalmente
legato non solo al sostentamento principale dell’uomo ma anche naturalmente
all’Eucarestia - rappresenta unità della Chiesa con la comunità dei fedeli,
simboleggiata dall’impasto di frumento.
La superficie del Christòpsomo è solitamente molto decorata: se al centro è inciso una croce (o uno stemma sacro), trovano posto, oltre a vari dolciumi, altri segni simbolici legati alle speranze e ai desideri della famiglia: animali utili al lavoro contadino, l’aratro per una semina proficua, benauguranti foglie di vite o di olivo, e così via. Il Christòpsomo, inoltre, non è diviso con il coltello, simbolo del male, ma spezzato con le mani.
Christòpsomo |
Christòpsomo |
La superficie del Christòpsomo è solitamente molto decorata: se al centro è inciso una croce (o uno stemma sacro), trovano posto, oltre a vari dolciumi, altri segni simbolici legati alle speranze e ai desideri della famiglia: animali utili al lavoro contadino, l’aratro per una semina proficua, benauguranti foglie di vite o di olivo, e così via. Il Christòpsomo, inoltre, non è diviso con il coltello, simbolo del male, ma spezzato con le mani.
Christòpsomo |
Christòpsomo |
Verso gli inizi del XIX secolo il piatto principale per la cena di Natale diviene il tacchino che è farcito con carne macinata, noci, castagne, cipolla, uva passa, pepe e prezzemolo, ma molto comune resta anche il piatto tradizionale greco, cioè l’arrosto di maiale o di pollo cucinato con il riso pilaf, accompagnato da un piatto di kotòsoupa (κοτόσουπα) la ossia di zuppa di pollo.
Alcuni dolci tradizionali sono: i melomakàrona
(μελομακάρονα) sono dolci greci a forma di uovo preparati con
farina o semolino, miele, succo di rancia, cannella, cognac e olio di oliva.
Ricoperti a fine cottura da uno sciroppo fatto di miele e zucchero vengono
decorati con noci tritate; i kourampiedes (κουραμπιέδες),
un turcismo da Kurabiy, è un
dolce pasta frolla, a forma di mezza luna, preparato con farina, mandorle,
vaniglia, acqua di rose, mastica o brandy e burro, e ricoperto da abbondante
zucchero a velo; e la vasilòpita (βασιλόπιτα), “torta di San Basilio”, di cui già si è detto.
Kourampiedes |
In Grecia - insieme alla tradizione dell’albero di Natale - tradizione diffusa fra le famiglie reali di Europa soprattutto nordiche e introdotto in Grecia dal re bavarese Otto nel 1833 - si addobba anche il modellino di un veliero, solitamente, a tre alberi e con vele quadre. Il veliero, oltre a essere legato al mare, elemento legato alla tradizione e alla quotidianità della Grecia, giacché di pesca viveva la maggior parte degli isolani, rappresenta la vita ma anche la morte.
Kàlanta |
Ecco
una kàlanta (clicca qui), e.... attenti ai kalikàntzari !!!
Τρίγωνα, κάλαντα σκόρπισαν παντού
κάθε σπίτι μια φωλιά του μικρού Χριστού, Ει.
Τρίγωνα, κάλαντα μέσ’ τη γειτονιά
ήρθαν τα Χριστούγεννα και η πρωτοχρον-ιά.
Να το αστέρι μέσ’ στη
νύχτα,
πόσο λάμπει εκεί στον ουρανό,
ας μας οδηγήσει τώρα,
για να πάμε στο μικρό Χριστό.
Θ’ αποτίσει αυτό το δρόμο,
που οδηγεί πάνω στη σπηλιά
να το βλέπουνε μονάχα
όσοι έχουνε αγνή καρδιά.
Καλή Χρόνια σε όλους. (x 2)
Καλή Χρόνια σε όλους με υγεία και χαρά,